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22 Aprile 2021
L’intervista: pecore e alta moda, Claudia e i pastori scelti da D&G

Da Il Tirreno di Manuela D'Angelo

Se è vero che il nero "va su tutto" e che non passa mai di moda, non è difficile capire perché la pecora massese, unica dal manto nero e lucido, sia finita suo malgrado all'interno di una campagna pubblicitaria di Dolce e Gabbana. Un progetto della maison chiamato "D&G family" che raccoglie una serie di scatti di fotografi, a cui è stato chiesto di "catturare l'amore". Il cuore delle famiglie. Tra queste, immortalata da Mattia Crocetti, c'è anche la famiglia Boschetti, storici pastori di Tavernelle, in Lunigiana. Il Tirreno ha incontrato Claudia Fortini. La sua foto in poncho di lana mentre fa il formaggio sta facendo il giro del mondo. Ci parla un po' della sua famiglia? «L'azienda agricola Boschetti è gestita da me e da mio marito Giancarlo. Lo chiamano l'ultimo vero pastore della Lunigiana. E credo sia vero. Non ne fanno più della sua tempra. Mio figlio Davide vive qui con il compagno Filippo e ci aiuta molto, sa fare tutto; nonna Rosy, che ancora lavora nei campi e mia figlia Silvia, trasferitasi da anni a Praga per un dottorato di ricerca. Io sono la moglie del pastore e faccio il formaggio». Da qualche giorno però è anche una modella D&G. «Io? Per carità. Abbiamo sorriso tanto quando ci hanno detto che avremmo dovuto posare per Dolce e Gabbana. All'inizio temevo che avrei dovuto indossare un loro abito. Mi son detta "non ne faranno della mia taglia", sa io sono corpulenta e loro vestono le secche. Poi ho capito che si trattava di un altro tipo di progetto e che dovevamo soltanto essere pastori». Come è nata questa collaborazione? «Mattia, il fotografo, è un vecchio amico di nostro figlio Davide. Studiarono insieme qualche anno a Firenze, lui fotografia e mio figlio moda. Mattia lavora da tempo con i grandi stilisti e quando gli hanno parlato del progetto "D&G family" ha pensato a noi. Ci ha proposto, parlando di una delle pochissime famiglie italiane rimasta legata all'antico mestiere della pastorizia e loro sono stati entusiasti».Il progetto le è piaciuto? «Sì perché parla di famiglia e di quella ce ne intendiamo. Credo che le nostre foto siano state di grande impatto accanto a quelle delle modelle con i tacchi a spillo. È interessante come abbiano saputo far incontrare, almeno per una volta, due mondi così diversi. Da una parte l'alta moda, con i suoi lussi e dall'altra l'odore del caglio. Non si vede tutti i giorni».La giornata trascorsa sul set se la ricorda? «Il set era casa nostra, la stalla, il campo dove pascolano le nostre pecore e il laboratorio dove facciamo il formaggio. Non abbiamo per nulla stravolto la nostra giornata. D'altra parte il nostro tempo è scandito dalle abitudini delle nostre pecore, che non possono essere modificate per niente al mondo. Non si fanno eccezioni neanche per Dolce e Gabbana». Da quanto tempo siete pastori? «La mia era una famiglia di pastori, ma meno storica rispetto a quella di mio marito. Le prime pecore a Tavernelle le aveva il suo bisnonno, quattro generazioni fa. Lui ha ereditato una passione. Non un mestiere. Perché non è scontato che i figli finiscano per fare il lavoro dei padri. Le tradizioni, se non condivise, non portano a nulla di buono. Mio marito invece ha voluto proseguire le orme dei suoi antenati. Oggi possediamo 200 pecore massesi, una razza in via di estinzione e 20 capre, che fanno parte della nostra famiglia».Gli avete dato un nome? «Una volta si faceva così, oggi non più. Però mio marito le distingue e le riconosce tutte».Come si svolge la vostra giornata? «Mio marito si alza ogni mattina alle 7 e prima ancora di aprire gli occhi va nella stalla per la prima mungitura. Noi la facciamo ancora a mano. Mi porta il latte del mattino, fa colazione e poi esce con qualche panino per portare le pecore al pascolo, a un chilometro da casa. Quando torna al tramonto prepara le pecore in stalla per la seconda mungitura; il tempo di cenare ed è già notte. Durante il giorno mi dedico al formaggio». Che tipo di formaggio producete? «Pecorino e ricotta di pecora. Solo tre ingredienti: latte crudo, sale e caglio. Ed una sola regola: fare il formaggio come lo facevano i nostri nonni, senza tecnologie. Si scalda il latte a 37-38°C; la temperatura si sente con le mani; i pecorini vengono lavorati nei paioli di rame. Per le ricotte bisogna far bollire il siero; io continuo a prepararle nelle pezzette, che sono quadrati di cotone dentro cui le lascio appese, come ormai non fa più nessuno». C'è tanto mercato? «Bisogna pensare che ogni pecorino è soggetto a tantissime variazioni: a seconda delle erbe che mangiano le pecore e del clima; quindi si può dire che non ne viene mai uno uguale all'altro. All'interno della nostra azienda abbiamo un piccolo spaccio dove i clienti possono acquistare di persona e ci aiuta anche Coldiretti. Sui social ci facciamo pubblicità: mio marito su Facebook posta le foto delle nostre pecore e ne vendiamo molte anche al sud Italia».La vostra vita è così ogni giorno dell'anno? «Sì, con ogni temperatura e condizione fisica. L'anno, in realtà, è spezzato dalla transumanza, che mio marito fa ancora a piedi, portando le pecore in alta montagna, quando qui fa troppo caldo. Da luglio a settembre si trasferisce sull'Appennino tosco-emiliano, un viaggio di circa 40 chilometri per arrivare a 1.400 metri di altitudine. Un suo collega pastore lo segue con un camper che sarà la loro casa per tre mesi, perché là intorno non ci sono hotel in cui poter soggiornare e poi le pecore non possono essere mai lasciate incustodite». Da quanto tempo non vi prendete una vacanza? «Mi faccia pensare. Era il 2003 l'ultima volta che siamo partiti. Quando era vivo mio suocero potevamo assentarci più spesso, ma sempre per pochi giorni. Adesso è impossibile. Ma noi siamo felici, non ci pesa. Non ho mai sentito mio marito lamentarsi». Ma alla fine Dolce e Gabbana li avete mai incontrati? Si sono fatti sentire, vi hanno fatto i complimenti per le foto? «Non li abbiamo mai né visti né sentiti. Il nostro unico punto di incontro è stato Mattia. Chissà quanti impegni hanno, e che vita frenetica. Però, se volessero passare a trovarci a Tavernelle gli offriremmo un bel bicchiere di vino e un pezzo di formaggio». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

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